Il sole sorge ancora


Chi vuole fare un salto indietro nel tempo e vedere com’era Castellazzo all’indomani della seconda guerra mondiale, deve vedere “Il Sole Sorge Ancora”. Questo nucleo agricolo è a tuttoggi pressocchè intatto. Il film è stato girato tra la fine del 1945 e l’inizio del 1946, e ciò che si vede sono le corti e la gente che le abitava.

Il film narra episodi della lotta partigiana, è quasi interamente ambientato nelle corti di Castellazzo e nella campagna circostante.
Si può rivedere com’erano ancora attive le fornaci di Castellazzo ed anche la vecchia stazione ferroviaria.
Con estrema naturalezza le numerose comparse svolgono la loro vita di ogni giorno sotto l’occhio della macchina da presa, e Castellazzo la si vede viva, proprio com’era allora con gli animali e con le case riscaldate con poca legna umida che faceva molto fumo, con le stanze dormitorio piene di letti e panni stesi.
Un film neo-realista che quando fu girato creò non pochi malintesi fra i castellazzesi che per tutto il tempo della lavorazione credettero che l’attore nei panni del sacerdote (Carlo Lizzani) lo fosse veramente.

Qualcuno alla vista delle uniformi tedesche credette anche che la libertà fosse di nuovo da conquistare!

 

Regia : Aldo Vergano
Sceneggiatura: Guido Aristarco, Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Aldo Vergano
Fotografia: Aldo Tonti
Scenografia: Fausto Galli
Montaggio: Gabriele Variale
Musica: Giuseppe Rosati
Produzione : ANPI
Interpreti: Vittorio Duse, Elli Parvo, Lea Padovani, Massimo Serato, Marco Sevi, Checco Rissone, Carlo Lizzani, Gillo Pontecorvo
(1946)

La trama
Dopo l’8 settembre 1943, un militare (Duse) abbandona le armi e torna al suo paese lombardo, occupato dei tedeschi. S’infatua della padrona del forno (Parvo) e sembra propenso a fare la bella vita, ma una giovane operaia antifascista (Padovani) e i compaesani impegnati nella Resistenza lo inducono a scegliere la lotta partigiana.
Il film, pur risentendo dei luoghi comuni di una certa retorica partigiana, resta uno dei migliori affreschi sulla resistenza: incisivo e immediato.
Il sole sorge ancora coinvolge lo spettatore e riflette gli umori di un’epoca.

Le testimonianze dei protagonisti

Aldo Vergano, regista

Quando alla fine di ottobre del 1945 l’ANPI mi chiamò a Milano per affidarmi la regia del primo film partigiano finanziato e controllato direttamente dall’Associazione mi si presentò subito il problema più importante: il soggetto. I più erano, naturalmente, per una trama che sviluppasse il motivo della vita e delle avventure partigiane: in sostanza per un film aneddotico. Io, invece, ero per un soggetto che impostasse e svolgesse il tema, meno abusato ma più interessante, anche se più difficile , delle ragioni morali, politiche e sociali che stavano alla base del movimento partigiano. Pensavo io: non c’è nessuno, in Italia o all’estero , che dubiti del valore dei nostri partigiani le cui gesta eroiche sono più o meno note; pochi sanno, invece, per quali ragioni questi “uomini d’avventura ” hanno combattuto da una parte anziché dall’altra. Forte di questa mia convinzione, dopo qualche giornata di discussioni laboriose, feci prevalere , alfine, la mia tesi. Nacque così l’idea di Il sole sorge ancora, il cui schema fondamentale si deve a Giuseppe Gorgerino, uno dei redattori dell’Italia Libera di Milano che partecipò attivamente , a fianco di Parri, alla lotta clandestina prima e all’insurrezione poi. Chiamato a collaborare un gruppo di cineasti (De Santis, Lizzani, Aristarco) che sapevo vicini a me tanto sul piano artistico quanto sul piano politico, ci mettemmo subito a lavorare attorno alla sceneggiatura. E lavorammo di impegno, tanto che il 3 dicembre si poteva dare il primo giro di manovella. Data la materia del film, la realizzazione di esso non poteva ispirarsi se non a criteri di assoluto realismo. Realismo nell’invenzione, nei dialoghi, nella fotografia, nell’interpretazione. Per quanto riguarda la fotografia, non esitai a chiamare presso di me Aldo Tonti che io ritengo, ed è, il più anticonvenzionale degli operatori. Circa l’interpretazione, scartai subito l’idea di servirmi di attori di grido nella convinzione che la personalità di costoro si sarebbe sovrapposta e avrebbe sovrastato quella dei miei personaggi. Affidai, pertanto il ruolo di protagonista a un giovane attore, Vittorio Duse, quasi un ignoto, che si era imposto alla mia attenzione in una parte di secondo piano nel film Ossessione. E così la parte della protagonista femminile la affidai a Lea Padovani, un’altra giovane, promettentissima, provvista di una maschera incisiva e di una affinata sensibilità. Ad eccezione di Elli Parvo, che interpretò il ruolo, per lei insolito, di una borghese quarantenne, e di Massimo Serato, che assolse la parte “caratteristica” di un capitano tedesco, gli altri interpreti sono stati tratti tutti dalla vita: tra i partigiani, tra gli operai, tra i contadini.

Carlo Lizzani, attore nel film e futuro regista

La lavorazione durò circa quattro mesi perché eravamo in pieno inverno, quello a cavallo del ’45 – ’46, e ogni tanto mancavano i finanziamenti ed era giocoforza fermarsi.Nel corso della sceneggiatura, Vergano cominciò a osservarmi, a dire che in fondo il ruolo del prete giovane potevo interpretarlo io, e così mi misi anche a fare l’attore. Ricordo la scena in cui, nel ruolo del prete, recitavo le litanie, provocando ed evocando la risposta sempre più numerosa dei contadini. Ad un certo punto ci furono delle contadine prese dalla vita che toccarono momenti di isterismo, una mi si attaccò alla tonaca, insomma la scena diventò improvvisamente viva , vera, reale, e a mia volta raggiunsi una emozione maggiore. Fra l’altro, non rammentavo le litanie, le mischiavo con dei numeri, tanto si sapeva che poi sarei stato doppiato, o mormoravo sempre la stessa frase ripetendola a voce via più alta fino quasi a scandirla, seguito, in qualsiasi cosa dicevo, da questi contadini che , con la mia stessa intonazione, come gli era stato raccomandato in prova da De Santis, mi facevano eco stravolti perché giravano in posti dove c’era stata poco tempo prima la Resistenza e quindi tutto era ancora terribilmente fresco e cocente. Furono emozioni irripetibili, perché questa gente non recitava, ma riviveva quello che aveva davvero vissuto in un passato recentissimo.

Da L’Avventurosa Storia del Cinema Italiano di Franca Faldini e Goffredo Fofi – Feltrinelli
Il Mereghetti Dizionario dei Film – Baldini e Castaldi
Il Cinema – De Agostini

A cura di Giordano Minora